Serena Maria Catalano

Serena Maria Catalano

PSICOLOGA-TEATROTERAPEUTA

PSICOLOGA-TEATROTERAPEUTA

PSICOLOGA-TEATROTERAPEUTA

ACCOMPAGNATRICE IN NATURA

ACCOMPAGNATRICE IN NATURA

ACCOMPAGNATRICE IN NATURA

Radici

Radici

Avrò avuto 11 o 12 anni, ero in vacanza in Puglia con la mia famiglia, erano le vacanze di Pasqua. A scuola facevamo lo scambio dei libri, chi voleva poteva mettere a disposizione degli altri un suo libro, fiducioso che quel libro sarebbe andato a nutrire qualche compagno o compagna per poi tornare a casa. Avevo con me uno di quei libri, scelto intuitivamente. Iniziai a leggerlo, ero sulla terrazza, seduta, in quel momento di silenzio che è il dopo pranzo quando si è in vacanza. Era un libro di racconti, storie che potremmo definire ‘comuni’, eppure a me parvero speciali. L’uomo che ogni mattina si svegliava, andava a lavorare, rientrava, cenava, faceva la doccia e andava a letto, ogni giorno sempre uguale, come uguale era il suo senso di vuoto durante ognuna di quelle giornate costellate di dettagli che si susseguivano nel corso del racconto. La ragazzina che controllava compulsivamente il suo peso, le calorie, che tentava a suo modo di piacere e di piacersi. Queste due storie sono quelle che ricordo con maggiore enfasi chissà perché, quello che so con certezza è che quel giorno scelsi di studiare psicologia.

Mi iscrissi all’allora liceo socio-psico-pedagogico, studiai psicologia all’Università La Sapienza di Roma e poi Psicologia Cognitiva Applicata all’Università di Bologna. Nel mentre mi capitò “per caso” che una cara amica mi invitò a partecipare a un percorso teatrale, ‘Ti piacerà’, mi disse, ‘E’ molto psicologico’.
Andai a scoprire questo percorso teatrale psicologico, ma non era la psicologia che mi aspettavo, c’era qualcos’altro. Mi gettai a capofitto nelle pratiche che ci venivano proposte e lì, proprio lì, nelle pratiche, sentii.

Avrò avuto 11 o 12 anni, ero in vacanza in Puglia con la mia famiglia, erano le vacanze di Pasqua. A scuola facevamo lo scambio dei libri, chi voleva poteva mettere a disposizione degli altri un suo libro, fiducioso che quel libro sarebbe andato a nutrire qualche compagno o compagna per poi tornare a casa. Avevo con me uno di quei libri, scelto intuitivamente. Iniziai a leggerlo, ero sulla terrazza, seduta, in quel momento di silenzio che è il dopo pranzo quando si è in vacanza. Era un libro di racconti, storie che potremmo definire ‘comuni’, eppure a me parvero speciali. L’uomo che ogni mattina si svegliava, andava a lavorare, rientrava, cenava, faceva la doccia e andava a letto, ogni giorno sempre uguale, come uguale era il suo senso di vuoto durante ognuna di quelle giornate costellate di dettagli che si susseguivano nel corso del racconto. La ragazzina che controllava compulsivamente il suo peso, le calorie, che tentava a suo modo di piacere e di piacersi. Queste due storie sono quelle che ricordo con maggiore enfasi chissà perché, quello che so con certezza è che quel giorno scelsi di studiare psicologia.

Mi iscrissi all’allora liceo socio-psico-pedagogico, studiai psicologia all’Università La Sapienza di Roma e poi Psicologia Cognitiva Applicata all’Università di Bologna. Nel mentre mi capitò “per caso” che una cara amica mi invitò a partecipare a un percorso teatrale, ‘Ti piacerà’, mi disse, ‘E’ molto psicologico’.
Andai a scoprire questo percorso teatrale psicologico, ma non era la psicologia che mi aspettavo, c’era qualcos’altro. Mi gettai a capofitto nelle pratiche che ci venivano proposte e lì, proprio lì, nelle pratiche, sentii.

Iniziavo a scoprire esperienzialmente che muoversi nello spazio, insieme agli altri, tirare fuori la voce, leggere, ascoltare, sentire il corpo mentre si muove e mentre respira, respirare nel momento giusto per trasmettere l’essenza del messaggio… Il mio corpo si stava come riaccendendo. Ecco, mi dissi, la psicologia non è solo sui libri, la psicologia per me da quel momento divenne corporea, espressiva, teatrale. I personaggi che iniziai a interpretare continuamente mi parlavano di me, mi rispecchiavano, mi mandavano dei messaggi. Grazie al teatro scoprii parti di me che non avevo mai osato esplorare e naturalmente le accolsi, la pratica teatrale stessa mi permetteva di accoglierli e accogliermi, mentre, intanto, accoglievo i personaggi dei compagni e delle compagne e a mia volta, venivo accolta dal gruppo.

Così, iniziai il percorso di Teatroterapia, per accompagnare le altre persone al contatto con se stesse attraverso il corpo, la voce, la manifestazione creativa, il teatro. Volevo ricambiare il dono ricevuto dal teatro al teatro stesso, onorando il teatro interiore che abita dentro ogni individuo.

Intanto… arrivò il Bosco, per ‘caso’. Venni a conoscenza della realtà della scuola nel bosco e volli andare a scoprirla. Iniziai a vedere bimbi di due, tre, quattro anni arrampicarsi sugli alberi, correre, cadere, rialzarsi e riprendere a correre, costruire, inventare… Ogni angolo, ogni albero, ogni foglia si trasformava costantemente sotto ai loro occhi e di conseguenza anche sotto ai miei, loro mi stavano guidando a liberare la creatività. Erano allievi della Natura e avevano preso me come loro allieva. Ogni ‘educatrice’ era di fianco ai bimbi, non davanti, mai. C’era fiducia, fiducia nel bosco, fiducia nel sentire dei bambini, fiducia nella loro estrema capacità di trovare soluzioni creative, di inventare giochi senza giochi preconfezionati e plastificati, fiducia nella sapienza dei loro corpi di bambini, fiducia nella loro connessione col selvatico. Desiderai approfondire, così, iniziai il percorso esperienziale di Pedagogia della Selva e del Selvatico e mi innamorai del bosco, del sentire che solo la natura sa restituire, dovetti lasciare la città perché non potevo più stare troppo lontana dal Bosco e da me stessa.

Il percorso di crescita non finisce finché si è in vita, così, sto, proprio adesso, per intraprendere un nuovo percorso, la scuola di specializzazione in Psicoterapia Analitico Archetipica e, intanto, desidero trasmettere ciò che ho avuto l’onore di ricevere, facilitando le persone al contatto con se stesse attraverso il teatro, la natura e l’ascolto profondo.


“Guarda in profondità nella natura, e poi capirai tutto meglio.”

Albert Einstein.

Iniziavo a scoprire esperienzialmente che muoversi nello spazio, insieme agli altri, tirare fuori la voce, leggere, ascoltare, sentire il corpo mentre si muove e mentre respira, respirare nel momento giusto per trasmettere l’essenza del messaggio… Il mio corpo si stava come riaccendendo. Ecco, mi dissi, la psicologia non è solo sui libri, la psicologia per me da quel momento divenne corporea, espressiva, teatrale. I personaggi che iniziai a interpretare continuamente mi parlavano di me, mi rispecchiavano, mi mandavano dei messaggi. Grazie al teatro scoprii parti di me che non avevo mai osato esplorare e naturalmente le accolsi, la pratica teatrale stessa mi permetteva di accoglierli e accogliermi, mentre, intanto, accoglievo i personaggi dei compagni e delle compagne e a mia volta, venivo accolta dal gruppo.

Così, iniziai il percorso di Teatroterapia, per accompagnare le altre persone al contatto con se stesse attraverso il corpo, la voce, la manifestazione creativa, il teatro. Volevo ricambiare il dono ricevuto dal teatro al teatro stesso, onorando il teatro interiore che abita dentro ogni individuo.

Intanto… arrivò il Bosco, per ‘caso’. Venni a conoscenza della realtà della scuola nel bosco e volli andare a scoprirla. Iniziai a vedere bimbi di due, tre, quattro anni arrampicarsi sugli alberi, correre, cadere, rialzarsi e riprendere a correre, costruire, inventare… Ogni angolo, ogni albero, ogni foglia si trasformava costantemente sotto ai loro occhi e di conseguenza anche sotto ai miei, loro mi stavano guidando a liberare la creatività. Erano allievi della Natura e avevano preso me come loro allieva. Ogni ‘educatrice’ era di fianco ai bimbi, non davanti, mai. C’era fiducia, fiducia nel bosco, fiducia nel sentire dei bambini, fiducia nella loro estrema capacità di trovare soluzioni creative, di inventare giochi senza giochi preconfezionati e plastificati, fiducia nella sapienza dei loro corpi di bambini, fiducia nella loro connessione col selvatico. Desiderai approfondire, così, iniziai il percorso esperienziale di Pedagogia della Selva e del Selvatico e mi innamorai del bosco, del sentire che solo la natura sa restituire, dovetti lasciare la città perché non potevo più stare troppo lontana dal Bosco e da me stessa.

Il percorso di crescita non finisce finché si è in vita, così, sto, proprio adesso, per intraprendere un nuovo percorso, la scuola di specializzazione in Psicoterapia Analitico Archetipica e, intanto, desidero trasmettere ciò che ho avuto l’onore di ricevere, facilitando le persone al contatto con se stesse attraverso il teatro, la natura e l’ascolto profondo.


“Guarda in profondità nella natura, e poi capirai tutto meglio.”

Albert Einstein.

Iniziavo a scoprire esperienzialmente che muoversi nello spazio, insieme agli altri, tirare fuori la voce, leggere, ascoltare, sentire il corpo mentre si muove e mentre respira, respirare nel momento giusto per trasmettere l’essenza del messaggio… Il mio corpo si stava come riaccendendo. Ecco, mi dissi, la psicologia non è solo sui libri, la psicologia per me da quel momento divenne corporea, espressiva, teatrale. I personaggi che iniziai a interpretare continuamente mi parlavano di me, mi rispecchiavano, mi mandavano dei messaggi. Grazie al teatro scoprii parti di me che non avevo mai osato esplorare e naturalmente le accolsi, la pratica teatrale stessa mi permetteva di accoglierli e accogliermi, mentre, intanto, accoglievo i personaggi dei compagni e delle compagne e a mia volta, venivo accolta dal gruppo.

Così, iniziai il percorso di Teatroterapia, per accompagnare le altre persone al contatto con se stesse attraverso il corpo, la voce, la manifestazione creativa, il teatro. Volevo ricambiare il dono ricevuto dal teatro al teatro stesso, onorando il teatro interiore che abita dentro ogni individuo.

Intanto… arrivò il Bosco, per ‘caso’. Venni a conoscenza della realtà della scuola nel bosco e volli andare a scoprirla. Iniziai a vedere bimbi di due, tre, quattro anni arrampicarsi sugli alberi, correre, cadere, rialzarsi e riprendere a correre, costruire, inventare… Ogni angolo, ogni albero, ogni foglia si trasformava costantemente sotto ai loro occhi e di conseguenza anche sotto ai miei, loro mi stavano guidando a liberare la creatività. Erano allievi della Natura e avevano preso me come loro allieva. Ogni ‘educatrice’ era di fianco ai bimbi, non davanti, mai. C’era fiducia, fiducia nel bosco, fiducia nel sentire dei bambini, fiducia nella loro estrema capacità di trovare soluzioni creative, di inventare giochi senza giochi preconfezionati e plastificati, fiducia nella sapienza dei loro corpi di bambini, fiducia nella loro connessione col selvatico. Desiderai approfondire, così, iniziai il percorso esperienziale di Pedagogia della Selva e del Selvatico e mi innamorai del bosco, del sentire che solo la natura sa restituire, dovetti lasciare la città perché non potevo più stare troppo lontana dal Bosco e da me stessa.

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Dott.ssa Serena Maria Catalano – Psicologa Teatroterapeuta
Iscritta all'Albo degli Psicologi dell'Emilia-Romagna n. 8961

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📧 serenamariacatalano@gmail.com
📧 serenacatalano@psypec.it

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